Nel campo della chimica, i concetti di vapore saturo e secco ricoprono un ruolo fondamentale non solo in questioni prettamente teoriche, ma anche nelle loro dirette applicazioni al settore industriale.
Innanzitutto, per comprendere al meglio la differenza tra queste due nozioni, è bene ricordare la definizione precisa di vapore acqueo.
L’acqua, così come la materia nel senso fisico più generale, può trovarsi in diversi stati: quelli più ‟frequenti”, almeno nella pratica, sono lo stato solido (nel caso dell’acqua, il ghiaccio), quello liquido, e quello aeriforme. Il vapore acqueo corrisponde proprio a quest’ultimo stato.

Ciò però non significa che non ci siano delle relazioni tra i diversi stati della materia, o che ognuno di questi stati si trovi sempre nelle stesse identiche condizioni. Infatti, se un materiale è sottoposto a un determinato cambiamento di pressione e/o temperatura può avvenire la cosiddetta transizione di fase. In questo modo numerosi legami chimici che legano le molecole del materiale in considerazione verranno spezzati (per esempio, nel passaggio da solido a liquido) oppure creati (come nel passaggio da aeriforme a liquido). E’ proprio questo riassemblamento molecolare a costituire la differenza cruciale tra i vari tipi di stati e di sotto-stati.

Consideriamo allora un esempio per introdurre l’idea di vapore saturo. Alla pressione di 1 atmosfera (circa 101325 Pascal), ovvero alla pressione che l’aria esercita col suo peso al livello del mare e a una temperatura di 0°C, l’acqua bolle a 100°C. Questo vuol dire che a tale temperatura, le molecole dell’acqua che si trovano allo stato liquido iniziano a rompere i loro legami chimici in modo da trasformarsi in vapore acqueo. Una trasformazione chimica che porta un cambiamento così radicale, però, non avviene ovviamente tutta d’un colpo. Il processo richiede uno step intermedio: la temperatura deve rimanere fissa, almeno per un breve periodo di tempo, a 100°C. Quando la temperatura viene tenuta costante a 100°C, l’acqua si ritrova esattamente tra due stati, liquido e aeriforme, e le molecole che dovrebbero rompere legami sono in egual numero a quelle che ne dovrebbero creare di nuovi. Questo particolare stato dell’acqua è detto vapore saturo.

Lo stesso discorso vale nel caso generale, non solo quando la pressione è fissa a 1 atmosfera. L’unica accortezza da tenere a mente, in tale situazione, è che la temperatura di ebollizione dell’acqua cambia (generalmente la differenza è minima, se non ad altitudini piuttosto elevate o, chiaramente, in luoghi in cui la pressione è monitorata in modo differente).

Ora, abbiamo osservato che quello stato a metà strada tra liquido e aeriforme dà origine a un certo tipo di vapore, quello saturo, che già di per sé garantisce molti vantaggi (come verrà spiegato sotto, la sua elevata temperatura permette l’eliminazione dei batteri). E’ però possibile migliorare il grado di precisione della nostra analisi e distinguere due ulteriori tipi di vapore saturo:

  • vapore saturo secco (spesso abbreviato in vapore secco);
  • vapore saturo umido (spesso abbreviato in vapore umido).

La distinzione tra questi due stadi è dovuta alla presenza o meno di ‟goccioline”: come insegna l’esperienza, ad esempio, il vapore di una pentola produce delle piccole gocce che rivestono il materiale, proprio come accade con la nebbia. L’apparizione di queste gocce denota la presenza della quantità massima di liquido (è la parte di vapore saturo che racchiude con sé le molecole che si preparano a creare legami e restare allo stato liquido), e per questo viene detto vapore umido. L’altro stadio, invece, non produce goccioline e rappresenta la parte rimanente delle molecole. E’ questo il vapore secco.

Esiste anche un’ulteriore fase che può tornare utile nel settore industriale, ed è quella del vapore surriscaldato. A differenza dei precedenti, questo vapore si ottiene in uno stato di non equilibrio: quando si aumenta notevolmente la temperatura e si supera il punto di ebollizione, non c’è più liquido da vaporizzare e ci si trova in una sorta di ‟stallo”.

Isoterma è il nome dato alla curva che rappresenta le trasformazioni termiche in atto in un piano come quello in figura, dove le ascisse rappresentano il volume V e le ordinate, in funzione di V, rappresentano la pressione P. Il piano sopra è spesso denominato piano di Clapeyron o semplicemente diagramma volume-pressione.

Applicazioni del vapore saturo e secco per la pulizia, lo sgrassaggio e la sanificazione

Partiamo dai vantaggi del vapore saturo secco rispetto al vapore normale e a quello umido. L’applicazione del vapore secco, grazie alla sua temperatura elevata, permette di eliminare i batteri presenti su una superficie (infatti, gli unici batteri in grado di vivere ad alte temperature sono detti termofili, ed essi non possono sopravvivere se non in vicinanza di vulcani o zone similari). Questo garantisce una sanificazione accurata che, unita al livello di umidità del vapore secco, comporta una profonda pulizia. Si potrebbe dire che le particelle di sporco quasi ‟galleggino” se entrano in contatto con il vapore secco, e questo ne facilita la rimozione. La pressione, in aggiunta, ottimizza il processo e migliora la prestazione.

Sul fronte totalmente opposto, l’ingombrante presenza di liquido nel vapore umido rende la sua applicazione alla pulizia delle superfici poco utile. Ne segue quindi che, da un punto di vista dell’igiene, l’utilizzo del vapore secco è fondamentale (in particolar modo negli ultimi anni, dall’arrivo del coronavirus).

Il vapore nel senso generale, invece, non possiede una temperatura abbastanza elevata per lo scopo, e quindi anch’esso risulta inefficace. Un analoga conclusione continua a valere nel contesto del vapore surriscaldato che, seppur molto utile per eseguire salti termici in numerose macchine, dal punto di vista analizzato non assicura risultati ottimali.

In definitiva, la discussione sopra mostra come il vapore secco sia nettamente superiore in termini di sanificazione e pulizia rispetto agli altri due stati. Inoltre, è importante sottolineare un ulteriore vantaggio del vapore secco: non inquina e consuma poco. In effetti, il prelavaggio, il lavaggio e il risciacquo di un classico ciclo terminante con la disinfezione vengono inglobati nella fase di pulizia del vapore secco, riducendo gli sprechi. In termini numerici, la tradizionale macchina a idro getto consuma dai 1500 ai 2000 litri d’acqua all’ora, mentre il generatore di vapore soltanto 10. I vantaggi, anche su questo fronte, sono evidenti.

FONTI:
[1] William D. Wise (2005). ‟Succeed at steam sterilization” Chemical processing.
[2] ‟Saturated vs Superheat Steam Conditions". nationwideboiler.com
[3] Song, L.; Wu, J.; Xi, C. (2012). ‟Biofilms on environmental surfaces: Evaluation of the disinfection efficacy of a novel steam vapor system”. American Journal of Infection Control. Vol. 40, Issue 10, 926-930.